venerdì 3 febbraio 2012

Capitani coraggiosi?

Apprendiamo, sconcertati e indignati allo stesso tempo, dalla lettura delle cronache locali che domenica 29 Gennaio a Vittoria Apuana (Lu) si è  svolta la presentazione pubblica del libro Un capitano coraggioso a cura dello scrittore Gianni Bianchi. Il libro , così si legge nella presentazione del quotidiano La Nazione di giovedì 26 gennaio us (agenda Massa Cararra, pag 13), intende commemorare l' eroica impresa del comandante Mario Giorgini che , insieme ad altri militari italiani, portò all'affondamento di alcune navi inglesi nel porto di Alessandria di Egitto durante la seconda guerra mondiale. Il libro (testuali parole) intende rendere omaggio al fatto che Giorgini volle partecipare personalmente  alle missioni degli SLC (Siluro a Lenta Corsa, ndr ) contro la base di Alessandria , nonostante il suo grado e la mancanza di allenamento specifico gli permettesse di rimanere comodamente nel suo ufficio di La Spezia.....
La notizia presenta il fatto come un gesto eroico senza riferimenti storici e soprattutto senza specificare che avvenne in pieno regime fascista; infatti l'attacco avvenne il 19 Dicembre 1941 ad opera delle squadre di assalto della X mas di Valerio Borghese, a capo dellunità speciale della marina italiana, e il cui nome è legato a numerose imprese di stampo fascista, durante e dopo la guerra. Ora , noi scriventi, figli , nipoti , discendenti di Militari Italiani Internati (IMI) nei campi di lavoro e nei lager nazisti rimaniamo allibiti di fronte al fatto che si commemorino , tramite pubblicazioni o pubbliche manifestazioni, le imprese del regime fascista e in particolare di ufficiali italiani che , oltretutto volontariamente, vi  presero parte. I nostri padri, zii, parenti erano ufficiali, sottufficiali e soldati dellEsercito Italiano che, al momento dellarmistizio dell( settembre 1943), furono presi prigionieri dai tedeschi (fino al giorno prima alleati) e si trovarono di fronte alla scelta tra il collaborazionismo con tedeschi e repubblica di Salò o la deportazione in Germania. In 600 mila rifiutarono la collaborazione e tra questi si distinsero gli ufficiali e i sottufficiali che , consci del loro ruolo di responsabilità sapendo  di indicare una strada anche ai loro soldati compirono  un alto (questo sì) gesto di lealtà e coerenza. Furono tradotti in Germania; chi nei campi di prigionia e sterminio, chi ai lavori forzati , nelle fabbriche o nei campi (furono chiamati per questo gli schiavi di Hitler). Per molti anni furono dimenticati, poi grazie a documentazioni e a studi portati avanti da storici, politici e ricercatori (ricordiamo tra tutti Giulio Natta) qualche anno fa iniziò la loro rivalutazione storico politica e , non senza difficoltà, la polvere del tempo è stata in parte spazzata via. Ciò che sconcerta e che indigna ancora oggi è che , proprio nei giorni della Memoria dellOlocausto e dei crimini nazifascisti, vengano esaltate le imprese del regime , che tanti lutti e disgrazie costò al nostro paese.
Per questo oggi , senza tema di smentita, siamo orgogliosi di chiamare eroi questi militari, e non quelli che orgogliosamente servirono lesercito fascista. Rifiutiamo pertanto qualsiasi tentativo di mettere sullo stesso piano oppressori ed oppressi, aguzzini e vittime, complici conniventi ed innocenti, per una sorta di erronea pacificazione storica tendente solo a dimenticare i crimini, e ad annacquare le coscienze.

I parenti dei militari deportati IMI di Carrara                                                    Carrara 1/02/12


Nessun commento:

Posta un commento