venerdì 23 ottobre 2015

VOGLIO VIVERE ALLA GRANDE!

Sabato 17 Ottobre a Bagnone, grazie ad alcuni sindaci/che della Lunigiana, a Marina Babboni (instancabile funzionaria-sponsor delle culture “altre”) e Angelo Possemato (ex assessore alla cultura del Comune di Carrara negli anni dell’Ulivo) , abbiamo avuto il piacere di assistere ad uno spettacolo a dir poco meraviglioso. Nel raccolto e prezioso teatro Quartieri di Bagnone è andata in scena la Compagnia Instabile; pazienti psichiatrici e operatori, uniti dalla passione per il teatro hanno dato a vita allo spettacolo “Voglio vivere alla grande” , un racconto in forma recitata e cantata della loro storia e delle loro rappresentazioni, dando vita ad una sorta di meta-scena – linguaggio che ha offerto non solo divertimento e ottimo teatro, ma anche importanti spunti per riflessioni ulteriori. E, da operatore della Sanità, non posso fare a meno di notare come questa splendida compagnia di “guitti” (pazienti ed operatori), costituisca un’esperienza esemplare di integrazione tra servizio pubblico (la Psichiatria dell’ASL di Benevento) , pazienti psichiatrici afferenti ai servizi , e terzo settore (associazioni di volontariato e cittadini ) ; esemplare anche per noi a Massa Carrara. Ma al contempo ciò suscita amare riflessioni in sede locale. Anche da noi gli operatori della Psichiatria con i pazienti psichiatrici e le associazioni di volontariato diedero vita ad un progetto teatrale che , grazie ad una migliore cura istituzionale e ad una maggiore oculatezza nella sua gestione , avrebbe potuto trasformarsi in una esperienza altrettanto importante e gratificante per tutti; pazienti, operatori e comunità cittadine. Ma anche nel settore delle dipendenze patologiche, in particolare l’alcolismo, gli operatori dei servizi e i pazienti erano riusciti a dare vita ad un’ esperienza di integrazione tra servizio pubblico e associazionismo civile che dava frutti sia sul piano terapeutico che su quello riabilitativo, proprio perché si fondava sul principio dello scambio proficuo tra “saperi” diversi , tra la cultura tecnica degli “esperti “ in riabilitazione (infermieri in particolare) e la cultura esistenziale dei pazienti,che si emancipavano da passivi riceventi cure ad auto-promotri del proprio benessere . Entrambe le esperienze sono andate perdendosi a causa del prevalere di una cultura “medicalizzante” che ha visto affermarsi progressivamente il punto di vista clinico e farmacologico su quello riabilitativo e psico-sociale, facendo leva sulle fragilità intrinseche ad ogni esperienza che preveda un terreno comune di lavoro tra pazienti ed operatori. Il prevalere e lo strapotere della ricetta e del farmaco rispetto al potere curativo della parola e della relazione, hanno annichilito queste esperienze che , come momentanei bagliori di luce , hanno illuminato e riscaldato per poco tempo la scena arida e fredda della vita socio sanitaria del nostro territorio. Potevano essere un’occasione di riscatto per i deboli di sempre e di nuovo impegno per una generazione di operatori socio sanitari che non si è mai arresa alla prevaricazione delle camicie di forza, degli elettroshock, e delle bombe farmacologiche. E ciò è avvenuto nell’indifferenza accondiscendente del mondo politico e istituzionale che ha preferito girare lo sguardo dall’altra parte ( “in fondo sono sempre grane questi pazienti” oppure “lo dico i medici”) affidandosi ed arrendendosi in maniera acritica e passiva alla sola cultura medicalizzante Questa cultura oggi è forte più che mai , e si incarna perfettamente nei nuovi indirizzi socio sanitari delle nuove ASL che viaggiano per conto loro, sempre più staccate dai territori, dalle loro culture, dalle loro genti. La cultura medicalizzante e tecnicista non andrebbe lasciata libera di agire indisturbata; essa porta alla desertificazione culturale e all’affermazione del farmaco come solo orizzonte terapeutico. In campo socio sanitario la tecnica deve sempre essere accompagnata e per certi versi guidata da un sapere “altro” , come ci hanno insegnato i maestri del settore ; per ricordarne solo un paio , Bruno Benigni ( funzionario della Regione Toscana recentemente scomparso, promotore toscano della Psichiatria Territoriale) e Mario Tommasini (inventore e propugnatore instancabile della cooperazione sociale ). Nel perseguire il benessere mentale e relazionale, le tecniche e le competenze scientifiche sono nulla senza la cultura politica della trasformazione ed il pensiero alternativo dell’integrazione sociale.

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