lunedì 16 novembre 2015

Petrolio e Religioni; le vere piaghe della modernità La nostra vita è caratterizzata da varie forme di dipendenza più o meno severe; le più gravi sono quelle da Petrolio e, in egual misura, da Religione. Gli utilizzatori finali della prima sostanza (perfettamente legalizzata e controllata dallo Stato) , li vediamo quotidianamente , spesso in coda, presso gli spacciatori di strada (ce n’è più d’uno in ogni quartiere) , disposti a pagare qualunque prezzo per la dose necessaria, in preda ad una ansia costante dettata dalla paura di rimanere a secco. Dagli spacciatori di strada, risalendo la catena al contrario se ne scorgono a malapena i distributori all’ingrosso, per poi passare ai grandi produttori, privati e pubblici, cioè quelli che “fanno il prezzo” sulla piazza, controllati e protetti dai vari governi, destra o sinistra non fa differenza. Servizi di intelligence e apparati militari ad alto livello garantiscono la sicurezza delle trattative in sedi internazionali dove si decidono lo sfruttamento delle fonti, la spartizione delle zone, su scala mondiale, di influenza, la sorte di interi paesi possessori della materia prima necessaria per la successiva raffinazione e distribuzione sulle strade e piazze del mondo. Negli stessi luoghi e , spesso con gli stessi protagonisti, la sostanza è merce di scambio o di pagamento con pari quantitativi di armamenti, sistemi bellici, apparati difensivi od offensivi. Le varie “bande” di produttori e spacciatori internazionali decidono guerre, terrorismi sotto varie forme, periodi di tregua, ripresa dei conflitti, strategie ed alleanze sempre in costante mutamento a seconda degli interessi momentanei o delle previsioni di borsa. Come per tutte le sostanze da abuso, anche questa si intreccia bene con il mercato delle armi, più o meno legale. Come per l’oppio , ogni tanto si fa finta di investire per qualche fonte alternativa , si fa finta di sostenere i paesi fornitori della base incentivando “coltivazioni” alternative. Il controllo delle fonti diventa fondamentale; sta succedendo anche per il metano e per l’acqua, che gli spacciatori e le bande criminali internazionali hanno individuato come nuove fonti lucro, spaccio e immensi guadagni. Tutto questo sistema, che funziona perfettamente, è intoccabile e , soprattutto, necessario a garantire i nostri livelli di “consumo”, imprescindibile per il nostro “benessere”; senza l’oro nero non si vivrebbe. Non è questa una grave forma di dipendenza? L’altra grave forma di dipendenza è quella da Religione o meglio dire Religioni; la “roba” non è una sola ; si differenzia sul mercato sotto varie forme , varia qualità, livelli di raffinazione (raffinatezza) , per palati semplici o più raffinati, più o meno esigenti e/o acculturati. Gli utilizzatori finali delle “sostanza” , perfettamente legalizzata e protetta dai singoli stati in ogni parte del mondo, li vediamo riempire le zone di “spaccio” solitamente in luoghi chiusi e consacrati alla bisogna o piazze stracolme di “consumatori” fidelizzati, in trepidante attesa della dose, in quantità e qualità necessarie al mantenimento del benessere psicofisico. Gli spacciatori , pushers della domenica o del venerdì, a seconda della sostanza spacciata vengono ricercati e idolatrati come esseri superiori , i quali a loro volta soggiacciono alla volontà e al desiderio dei loro Pushers supremi , in genere considerati infallibili ed intoccabili. Questi ultimi, con la complicità dei governi, destra sinistra non importa, cercano di condizionare la vita degli individui consumatori nell’arco di tutta la loro infelice vita, dalla culla alla tomba. In nome e per conto della sostanza spacciata sono capaci di entrare nelle nostre case, nei nostri sistemi educativi, in tutti i gangli vitali dello stato e della vita pubblica, dai tribunali agli ospedali, dalle caserme alle carceri, con una pervasività così capillare e diffusa da far impallidire qualunque altra strategia di marketing. Ma sono anche capaci di scatenare conflitti, sostenere colpi di stato, pianificare e realizzare azioni terroristiche, provocare stragi, mobilitare grandi masse di persone. Gli spacciatori di “sostanze psicotrope”, più o meno acculturati e più o meno degnamente, fanno leva in modo proditorio, su un bisogno ancestrale delle persone di darsi delle risposte; la “sostanza religiosa” consente di darsi quelle risposte altrimenti difficilmente reperibili o introvabili attraverso la propria ragione. Nella maggioranza dei casi la rigidità e la perentorietà dei principi attivi delle sostanze religiose, la instillazione drastica e manichea di ciò che è giusto o meno nelle menti dei consumatori, portano a veri e propri lavaggi del cervello che scaturiscono in condizioni di grave dipendenza dell’adepto-consumatore. Si tratta solo e soltanto di quantità, qualità della sostanza e differenti modalità di consumo; basse dosi, consumi periodici non quotidiani, magari solo fine settimana, lunghi periodi di astinenza, indottrinamento soft e bassi livelli di pubblicità della sostanza, attenuano i fenomeni e garantiscono quel “giusto” livello di passività religiosa necessario al mantenimento del mercato e del potere dei Pushers-Guru ai vari livelli. Al contrario, alte dosi o consumi eccessivi di sostanza religiosa portano al fanatismo e l’adesione a certi dogmi diventa il motivo conduttore di ogni aspetto della vita dell’individuo e il fondamento della propria esistenza, obnubilandone la capacità critica, il pensiero indipendente e la possibilità di decidere attivamente della propria vita. E’ una forma di dipendenza che porta il soggetto religio/dipendente ad un’esaltazione e ad una esasperazione del messaggio e della figura divini, tale da giustificare atteggiamenti aggressivi tanto verso se stesso quanto verso gli altri: in questo modo, un atteggiamento che in prima istanza si caratterizza per la sua passività diventa una forma di abuso verso gli altri, perché non si riconoscono nella stessa credenza, e quindi deviano da quell’unica e giusta via. Chi ha sviluppato una simile dipendenza da sostanza religiosa non è più in grado di assumere un atteggiamento critico nei confronti di essa, dunque non ne mette in dubbio l’autorità e i contenuti e si attiene strettamente alle regole ed agli insegnamenti impartiti dalla sostanza-divinità o dai suoi sacerdoti-spacciatori. C’è una sorta di rinuncia della propria autonomia di pensiero e di delega alla sostanza religiosa e ai suoi distributori autorizzati delle decisioni e delle scelte. Cosa questa che evidentemente solleva dalle responsabilità e dalla fatica che ogni decisione, scelta o confronto con la realtà impone a ciascuno attivandone profondi e complessi meccanismi di elaborazione. L’adesione al consumo costante di sostanze religiose garantisce un alleggerimento da questo processo al costoso prezzo della propria libertà e autonomia. In qualche modo il funzionamento della sostanza riattiva il rapporto arcaico con un genitore onnipotente che decide per sé e ha tutte le risposte risultando fortemente rassicurante. Una riattivazione arcaica che infantilizza il soggetto e lo proietta a modalità di funzionamento primitive incentrate sulla dipendenza e sulla propria impotenza. L’ottenimento della felicità ultraterrena dipende dalla perfetta adesione al volere divino così da aggiudicarsi il meritato premio: la felicità la redenzione ecc. Il raggiungimento della perfezione nelle azioni, la perfetta percorrenza dell’unica via di “salvezza” diventa la sola ragione della vita dell’individuo, ma questa ricerca di perfezione è tanto illusoria quanto impossibile e l’impossibilità genera frustrazione e paura: la persona cade così in un circolo vizioso al quale consegue un attaccamento ancora più accanito ed esasperato alla sostanza consumata e ai suoi rituali, che costituiscono lo strumento che le permette di controllare la paura di sbagliare e il relativo sentimento di vergogna e di disistima. Non è forse questa una grave forma di dipendenza?

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